Le Interviste di Allinfo.it : My&Scort

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Un gruppo curioso, nel nome, nato dalle ceneri dei Dardo Moratto nella primavera del 2010.
Il loro ultimo video che accompagna il primo singolo estratto da Canzoni in Ritardo, non solo è un concentrato di emozione ma addirittura diventa una lezione importante dalla quale trarre una infinità di spunti e di riflessioni, utili a superare la soglia dei “vorrei ma non posso”. Quelli  che spesso animano la via della ragione assai  ben distante dall’universo in cui si muove l’istinto.

Cerchiamo di capirne un po’ di più. Al telefono con noi Alex Diaz dei My&Escort.

Tanto per stemperare il fatto di non conoscerci… fin da subito una battuta… Alex chi My e chi  Scort?

(Sorride) Quando hai a che fare con certe  persone ti accorgi che possono essere assai differenti da te e magari finisci con lo scontrarti per il fatto che  ciascuno, prima o poi finisca col  tirare  l’acqua al proprio mulino. In quei frangenti la ricerca della sintonia perfetta diventa quasi impossibile.  Ad un certo punto però, passati diversi anni  in cui mi sono  occupato di arrangiamenti, di testi,  ho deciso di darmi da fare, di pagare  dei musicisti per mettere in pratica ciò che volevo fare da anni. Il disco che oggi stringo tra le mani lo devo proprio a questa determinazione mentre, il nome della band deriva dal fatto che, all’inizio di questo progetto, che ha subito vari stop,  avevo  deciso di ingaggiare   una band.  Quindi, fondamentalmente, il nome MyEscort è una creatura che è nata prendendo musicisti in affitto. Poi, strada facendo ho trovato dei ragazzi che hanno creduto nel progetto e a quel punto, pur avendo smesso di pagarli il nome è rimasto.

Guardando il video L’Equilibrio viene spontaneo domandarsi se, nella piscina nella quale il protagonista si butta, ci  sia dell’acqua oppure no.

In verità l’idea del video è che non si sa. La dicotomia che viene visualizzata nel video è quella del contrasto in essere tra chi è comodo all’interno di una esistenza prefissata, fatta di appuntamenti  e avanza alla vita e a se stesso delle pretese ben precise  e quella di chi vive conflitti interiori ed è pronto a buttarsi, a prescindere dal fatto di finire sul duro o sul morbido.
Tante volte quando scendiamo a compromessi con la vita o con quello che ci si aspetta da se stessi, la vita pensa bene di presentarti il conto.
Così dicendo penso   a tutte le persone che danno per scontati certi elementi che la vita ti fornisce come precostituiti. Sono gli elementi  che fanno parte di archetipi non smontabili in alcun modo  e creano conflitto interiore. Nascono da comportamenti attesi dalla società che  non lasciano via di fuga: il doversi sposare ad una certa età oppure l’avere dei figli etc etc.
In questi casi diventa importante sedersi, più che mai porsi delle domande e trovare la forza di concentrazione giusta per ragionare su noi stessi. Tutto ciò   alla ricerca di quel giusto equilibrio che ci permetta di specchiarci senza dover entrare in conflitto.
Conclusione:  l’equilibrio parla di un conflitto che ha raggiunto il paradosso e va contro le convenzioni anche fregandosene delle conseguenze.

E  superare così  la voglia dei “Vorrei ma non posso”? Per questo ne  l’Equilibrio la persona che si butta è la stessa che si osserva?

Sì sono la stessa persona. Se noti bene le immagini del video sono sia  in bianco e nero  che a colori. L’intenzione è quella di  riprodurre , da un lato la realtà fisica della persona a colori che vive di ansie, che ha bisogno di tutto e dall’altra di riprodurre l’inconscio e le profondità in cui esso spazia. Il finale è il conflitto tra la realtà che ti impone di rimanere con i piedi per terra e l’inconscio che, spiritualmente, cerca di elevarsi. Infatti nella scena finale  c’è la salita della piattaforma e la vista della persona che sta quasi sulle nuvole. La stessa persona che , poi, deve buttarsi ma ancor prima deve togliersi i vestiti per  ascendere a quella che è la sua propensione spirituale. Anche a costo di buttarsi nell’ignoto, che potrebbe anche scardinare quello a cui è legato. E che magari ha costruito all’interno di una metaforica gabbia.

Anche il titolo “Canzoni in ritardo” è un titolo un po’ a colori e un po’ in bianco e nero. Mi dà l’impressione di essere la sintesi di un percorso creativo,  assai lungo. E’ corretto?

Il disco è un concept ed è una antologia alla Spoon River pieno di epitaffi e quindi di relazioni andate a finir male. Noterai sicuramente che c’è un distacco assai netto tra la prima canzone e le altre nove. E’ voluto. Le 9 canzoni che seguono il singolo L’Equilibrio, sono delle fotografie, delle riflessioni, postume, che esprimono un vissuto analizzato a posteriori che permette di capire quanta superficialità io abbia avuto nel trattare certi rapporti. Rapporti che hanno poi determinato le canzoni del disco e mi hanno portato alla ricerca dell’equilibrio. Le canzoni raccontano così il momento prima della scelta. Nel testo di una delle canzoni del disco  si nasconde, quindi, una frase chiave che descrive al meglio il percorso che ho intrapreso:  “vedo attraverso le cose che ho perso“.
Dopo una serie di esperienze ho capito di vivere senza essere  presente a me stesso, bensì immerso nel flusso di corrente che, ad un certo punto  mi ha portato a pagare il dazio.

Un album di visioni e di vissuto, nelle contraddizioni da scardinare ad ogni costo nonostante le ansie generali. L’impressione è che nonostante ciò il messaggio che vuoi trasmettere sia positivo. Ti chiedo allora quali sono le contraddizioni che tu non sopporti e diventano la scintilla del tuo bisogno di scrivere e del tuo andare oltre?

Il mio punto preferenziale d’osservazione è quello dello psicanalista, amo molto la psicologia, la studio e spesso mi vado a perdere nello studio delle debolezze dell’animo umano. Lo stato d’animo che provo, quindi,  è in continua evoluzione. Non scrivo mai  solo in preda alla rabbia. Una delle cose che mi dà veramente fastidio, oggi,  è da un lato  l’ipocrisia (scusami se così dicendo apro un vaso di pandora) in essere nelle persone che hanno  la possibilità di fare non fanno e dall’altra l’incapacità  delle persone di rendersi conto di quello che sta succedendo.
Io non sono così convinto della frase meglio tardi che mai.  Alcune volte quando è tardi è tardi e basta. E, quindi, il mio punto vista e la mia rotazione mi portano a vivere nella maniera più consapevole possibile perché nessuno ti garantisce che ci sarà un tempo per farne tesoro, dopo,

La tua è una ricerca che non si ferma mai?

Sto lavorando, infatti, alla chiusura di nuove canzoni e mentre in “Canzoni in ritardo” parlo di tematiche come queste, nel mio secondo disco mi cimenterò nell’analisi di questioni politiche e quindi meno romantiche.
Però osservate mai dal punto di vista accusatorio. Mi interessa analizzare il punto di vista di chi certe realtà politiche le  subisce senza rendersi conto che, in realtà, che c’è sempre la nascosta  la possibilità di cambiare le cose e i politici dal pulpito.

Potremmo dunque parlare di The power of the music …liberatorio e se condiviso può aprire alle collaborazioni. A tal proposito come è nato l’incontro con Matteo Franzan?

Matteo è un segno del destino. Avevo già lavorato con lui nel 2007 , in occasione del  primo e ultimo disco dei Dardo Moratto di cui è stato il fonico.  Arrivare a lui è stata la conseguenza automatica messa in atto da un certo percorso da me intrapreso per riuscire ad intravedere la luce in questo progetto di cui ora parliamo. Tutto è iniziato con  Luca Pernici che aveva da poco  finito di lavorare a “Nomi e cognomi” di Ligabue. Per me e i ragazzi con cui suonavo rappresentava un mito. Poi le cose non sono andate bene con lui e abbiamo interrotto la collaborazione. La band poi si è sciolta.
Trovatomi  da solo ho avuto a che fare con Ronan Chris Murphy  un produttore di Los Angeles che ha lavorato con tantissimi artisti tra i quali King Crimson, Steve Morse, e insieme ad una band islandese, incontrata sul mio percorso   alla quale era  piaciuto il progetto, ho ripreso a lavorare al disco. Quando stavamo per finire le registrazioni e quindi per tirare le somme e  aspettavamo l’arrivo di Ronan  in Italia, Ronan  fu costretto per ragioni familiari a restare in America. La conseguenza fu che anche in questo caso il lavoro rimase in sospeso e la band si sciolse. Logicamente stanco ebbi la fortuna di accorgermi che avevo avuto sempre davanti a me la soluzione ossia Matteo. Con lui è stato possibile coniugare,  con un certo carattere, essenzialità ,  colori British e elettronica.   Non credo sia un caso che, nel corso della  sua carriera, si sia preso  anche un MTV AWARDS.

“Canzoni in ritardo” è l’album della  determinazione?

Anche se posso sembrare determinato in realtà io  non mi sento tale nel senso che per me scrivere è la cosa più normale del mondo e portare le cose a compimento rappresenta l’obbligo  morale che mi devo altrimenti  nulla ha senso. Mi piace costruire, mettere i puntini sulle “i” e lasciare delle tracce. Sarà che il processo di scrittura mi regala piacere. Amando la musica… ho imparato a non dare per scontato nulla. Poiché ho canzoni per 4 o 5 dischi non è escludo che il secondo disco  che potrebbe anche essere un doppio con due produttori differenti, avrà maggiore rispetto per l’ascoltatore. Anche  perché , durante le registrazioni Matteo  ama il “buona la prima”, mentre in fase creativa io invece amo fare e disfare continuamente.

Sei uno che ama  l’istinto ragionato?

Mi piace molto il termine. E’ lo sposalizio perfetto tra cuore e cervello. In tutte le cose ci sono i rovesci e i dritti delle medaglie. Anche l’estetica nella  sostanza è fondamentale. Se hai la possibilità di lavorarci su questo concetto non va mai  trascurato. E alcuni artisti oggi arrivati al successo sembrano esserselo dimenticato. Potendo fare 100 fanno dieci e questo mi fa arrabbiare.

Parli degli  artisti finiti in gabbia perché si isolano e smettono di vivere la realtà e quindi non hanno più nulla da dire?

Diciamo di sì. Molti artisti affermati hanno esaurito le idee perché la macchina discografica che li guida pretende un disco all’anno a prescindere dall’ispirazione. La musica è un archetipo. Chi non dà non riceve.  Oggi il circo mediatico trova la sua migliore rappresentazione  nella apparenza ma non nella sostanza, perché se non hai nulla  da dire l’attenzione cala immediatamente. Ricordo che quando comprai il disco Portrait in Jazz di Bill Evans rimasi imbarazzato per la bravura e lo tenni nel lettore per mesi e mesi  tanto da entrare in crisi fino al punto di decidere di smettere di suonare perché mi sentivo inadeguato rispetto a Bill. Da Red Ronnie il 13 dicembre abbiamo parlato proprio di questo .

Come hai deciso di raccontare live agli altri  questo disco?

Il live è pensato in chiave sia elettrica che acustica perché  l’Italia sul fronte dei live è un paese complicato. Preferisce  le cover band  ai gruppi emergenti.  Quindi  l’assenza di palchi interessanti ci ha portato a tradurre in maniera acustica il nostro lavoro e abbiamo deciso di occuparci della trasposizione in elettrica soltanto quando avremo davanti un palco come si deve. E poi suonare in acustico ti dà la possibilità di scoprire luoghi molto intimi che ti ripagano dello sforzo che fai.

A cosa lavorerai nell’immediato ?

Sto pensando alla realizzazione del secondo video che proporrà come secondo singolo Privé. Questa canzone l’ho scelta come seconda traccia perché, sai com’è, già ci chiamiamo MyEscort e la canzone Privé avrebbe potuto falsare il giudizio a priori sulla nostra band. Mentre “Canzoni in ritardo” è un disco  abbastanza eclettico e il cui fil rouge sta nella  diversità dei generi che lo accompagnano, canzone dopo canzone.

E…

L’importante è rinascere sempre dalle proprie ceneri.

di Giovanni Pirri

 

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