Le Interviste di Allinfo.it : Alessandro Sipolo

alessandro_sipolo_1#AlessandroSipolo (@GiorgioCordini)

Dopo l’esperienza che gli ha permesso di arrivare  tra i 40 finalisti  di Area Sanremo ecco presentarsi per Alessandro Sipolo l’appuntamento con il suo secondo  disco.
Un momento importante che fissa un punto e dal quale Alessandro  riparte in maniera convinta, decisa, regalandoci un affresco che spazia in tanti ambiti. Sarà che  odia seriamente le nicchie ma, soprattutto, ama ritornare alle parole il senso che gli è proprio.

Alessandro come è andata ad Area Sanremo? Che tipo di esperienza riporti?

Il tentativo di Sanremo è stato fatto pur sapendo che non sarebbe stato il terreno adatto per presentare la mia musica, tuttavia avendo un disco già pronto al quale tengo molto ho pensato che il palcoscenico di Sanremo, eventualmente, sarebbe potuto essere una vetrina importante. Così grazie al supporto di Giorgio Cordini ho deciso di proporre  “La stanza”,  una canzone che fa parte del materiale del mio terzo album e parla  di una storia vissuta come consolazione, senza amore.  Sia Io che Giorgio crediamo che Area Sanremo  sia, oggi,  un ambiente attento  alla musica cantautoriale. Ho frequentato 4 giorni di lezioni sono riuscito a superare  la prima scrematura. Dovendo tirare le somme ritengo quindi che sia stata una esperienza interessante anche perché i relatori che ho avuto mi hanno permesso di imparare qualcosa di nuovo.

Diciamo che con Area Sanremo hai fatto una scelta e tu di “Scelte” ne sai qualcosa perché  nel tuo disco parli di “Eresie”. E’ corretto dire che ti piaccia ridare  alle parole il senso che compete loro?

E’ corretto. Questo è proprio il concetto base che mi ha spinto a fare un disco con questo titolo. Mi piace molto ricondurmi all’etimologia delle parole. Assai spesso il nostro linguaggio è invaso da inglesismi oltre che da termini italiani utilizzati impropriamenti  perché ne smarriamo   il significato originario. Per il disco  “Eresie”  ho voluto ragionare su i tre significati che la parola eresia porta con sé:   etimologico ossia di scelta;   di disobbedienza al dogma; di bugia che proviene  dal dialetto delle mie  zone molto cristiane.
E su questa idea ho scritto dieci pezzi.

Sono nati prima i titoli o le atmosfere. Qual è stato dunque il punto di inizio e di fine? 

Il punto di inizio è legato al ragionamento. Ho preso spunto da personaggi noti e meno noti del presente e del passato per ragionare sulla disobbedienza che oggi per me significa soprattutto approfondimento e lotta alla superficialità. Perché in un tempo in cui ti devi esprimere con 150 caratteri approfondire, avere voglia di affrontare un discorso complesso  è disobbedire.
Dopo il concetto sono arrivato alle parole e poi al vestito musicale.

Tra le immagini che hai scelto per accompagnare questo tuo lavoro ce n’è una in cui ti mostri con la luce di un fiammifero tra le mani. Tentativo di rappresentazione della  visione illuminata del disco?

Premesso che non mi ritengo un illuminato, la foto di cui parli è una foto alla quale tengo molto. Il fuoco è un elemento che  ricorre sovente nel disco perché metafora del  lume della ragione, nel senso illuminista del termine. Ragione che  nasce per contrastare atteggiamenti bigotti, tradizionali, contrari alla scienza. E, poi, anche  perché l’idea che ci spinge a disobbedire si alimenta dentro di noi  come un fuoco.

Ecco perché non ti piace l’idea di lasciarti incasellare  in una nicchia cantautoriale ma, di contro, contaminarti per generi musicali e conoscenze visti anche  i tuoi compagni di musica che  ne sanno davvero tanto in fatto di sperimentazione?

Sì, il mio desiderio è di lasciar passare questa mia esigenza come una mia caratteristica fondamentale, identificativa che ho cercato di far emergere fin dal primo disco  e nel secondo ho provato ad estremizzare. Non solo contaminazione di generi ma alternanza fra di essi  perché non mi sento vicino ad un genere in particolare e non ho vicino un artista specifico. Ne osservo tanti e mi piace spaziare trai i generi a seconda del vestito musicale che scelgo per un determinato contenuto e poi grazie a  Giorgio Cordini  abbiamo potuto contare su musicisti di livello altissimo e con loro abbiamo battuto questa strada  con maggiore semplicità forte del loro bagaglio tecnico.

Quanto ha influito il fatto di esserti occupato di dinamiche che hanno carattere sociale e toccano quell’ambito della solidarietà oggetto  assai spesso di demonizzazione, vedi  quello dell’immigrazione?

La mia visione del sociale influisce sul lavoro che ho scelto e sulla musica che faccio e sono convinto che,  come dice Guccini,  con le canzoni anche se non si possano fare le rivoluzioni  certamente si possa continuare a  parlare dei temi politici e sociali nella maniera dovuta.

Le nostre canzoni sono un po’ lo specchio del nostro animo e così anche le canzoni. Quando ti sei specchiato in questo disco ti è piaciuto quello che hai visto?

Ho rivisto ciò che sono e ciò che vorrei essere e in particolare oltre a uno sguardo su me stesso e sul mio pensiero ho voluto valorizzare persone e pensieri che sono stati fondamentali nella storia recente e passata d’Italia ma, nonostante ciò, sono stati definiti come degli  sconfitti dal pensiero maggioritario.

Il momento più facile e più difficile di questo disco?

Il momento  più delicato è stato quello della rifinitura e della cura dei particolari. E’ solo in quel frangente   che capisci se il lavoro che hai svolto per mesi sia riuscito a soddisfarti oppure no.
Il lavoro più semplice credo debba ancora venire e per me consiste nel suonarlo.

Vincere il Premio Beppe Gentile nel 2014 ti ha messo addosso una repsonsabilità diversa?

Sono sempre onorato quando mi premiamo e trovo sempre strano che qualcuno possa apprezzare la mia musica e quando ciò accade attribuisco a quel momento una grande dose di casualità. Quando la sorte incide,  fortuna vuole che arrivi il premio.  Quindi resto dell’idea che non sono e non saranno i premi a rendermi più o meno sicuro.

Viaggiare dà l’opportunità di capire  e di affrontare realtà diverse alla ricerca di differenze e similitudini. Viaggiare tra Cile , Bolivia, Argentina e Perù ti ha permesso di riconoscere elementi comuni che ci lasciano ben  sperare?

E’ difficile riassumere ciò che mi ha lasciato un anno in Sud America. Certamente mi ha permesso di rafforzare alcune delle idee con le quali ero partito.  In particolar modo ho potuto dare più peso a quelle che sono state le conquiste sociali in Italia nel senso che ci sono una serie di cose che per gli italiani sono scontate mentre per altri  andrebbero smontate come la Scuola e la Sanità Pubblica, per non parlare di quello che è rimasto del nostro welfare. Poi guardando più da vicino al Perù e alla Bolivia, paesi nei quali lo Stato non esiste, comprendi che, diversamente da noi, ci sono dei Paesi nei quali resiste la condizione minima di sopravvivenza: se non hai denaro sei abbandonato  a te stesso.  Fai tuo immediatamente il valore che i nostri padri ci hanno lasciato in eredità attraverso le battaglie sociali sia  in Europa che in Italia.

Tu sei anche collaboratore dell’Osservatorio sulla criminalità organizzata presso l’Università di Milano. Permettimi di chiederti come interpreti la situazione internazionale inclusi gli avvenimenti di Parigi.

La mia contribuzione con l’osservatorio è minimale e nasce dal mio essere stato studente del Professor Nando dalla Chiesa fondatore e Direttore dell’Osservatorio stesso.  Non posso dunque ritenermi esperto di terrorismo. Credo tuttavia  che una analisi  del fenomeno in essere sia ancora prematura e non sento di avere gli strumenti adatti per una lettura complessiva della situazione internazionale. L’idea che ho di fondo riguarda prevalentemente  la reazione quasi emozionale, bellica della Francia che mi lascia molto perplesso. Sono convinto  che queste azioni siano moltiplicatrici del terrorismo e non risolutive.

Ti potremo ascoltare dal vivo molto presto?

Abbiamo già alcune date, la principale a cui tengo molto è lo Showcase alla Latteria Molloy di Brescia il prossimo 27 novembre  e sono onorato di poter tornare a suonare  con i tanti musicisti che hanno collaborato alla stesura del mio  disco

E…

Sono molto soddisfatto di questo lavoro che parla di approfondimento di disobbedienza e di biografie disobbedienti in un momento storico in cui in cui viviamo le molteplici intrusioni  delle realtà nelle nostre vite. . E sono quindi contento di uscire in un momento come questo.

di Giovanni Pirri

Lascia un commento